My Hero Academia, cosa resta del manga di Kohei Horikoshi

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Autore: Federica Polino ,

Dopo 430 capitoli, 42 volumi, 10 anni di serializzazione si è concluso My Hero Academia. Numeri che non riescono bene a rappresentare quel che è stato definito un fenomeno mondiale, il viaggio nell'universo di carta di Kohei Horikoshi si è concluso ufficialmente il 5 agosto 2024. 

Una fine, dicono, giusta e calibrata, il modo migliore per dire addio ad una storia di heroes e villains, di determinazione e caparbietà, di riflessioni e dubbi, di carezze e mani tese verso il prossimo.

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Kohei Horikoshi

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Kōhei Horikoshi nasce ad Aichi il 20 novembre 1986 e, sin da subito, sviluppa una particolare attitudine al disegno: Kohei, prima e dopo gli anni dell'Università d'Arte di Nagoya, respira ossigeno e storie, appassionandosi non solo ai manga, ma anche e soprattutto al fumetto d'Oltreoceano, in particolar modo ai Marvel Comics.

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Dopo essersi qualificato sesto al del Premio Tezuka 2006 con l'opera one-shot Nukegara, aggiudicandosi addirittura una menzione d'onore, riesce senza troppe difficoltà a farsi strada nel mondo dei manga. Procede col pubblicare una serie di racconti sull'Akamaru Jump, finché non arriva il 2010: il giovanissimo autore debutta su Weekly Shonen Jump con il suo primo vero one-shot manga, Crazy Zoo.

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In seguito alla pubblicazione del one-shot Uchū Shōnen Bulge nel 2011 e Sensei no Bulge nel 2012, arriva finalmente il turno del suo capolavoro: il 7 luglio 2014 presenta agli appassionati del genere un'opera che cambierà per sempre il concetto di shonenMy Hero Academia.

Il tratto di Horikoshi: dettagli, minuzie ed influenze

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Dal punto di vista artistico, Horikoshi ha mostrato una grande capacità di assimilare e reinterpretare stili diversi. Oltre a Toriyama, Kishimoto e Oda (di cui parleremo più avanti, nello specifico), anche Yusuke Murata e Katsuhiro Otomo hanno avuto un'influenza non indifferente sull'autore.

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Il disegno dinamico ed iper-dettagliato di Yusuke Murata, noto per il suo lavoro su Eyeshield 21 e One-Punch Man, ha notevolmente influenzato il tratto di Horikoshi, soprattutto per quanto concerne le scene di azione, caratterizzate da movimenti fluidi ed elementi resi con lodevole minuzia.

Altra influenza d'autore è stata quella di Katsuhiro Otomo, padre di Akira e rivoluzionario del mondo dei manga: lo stile realistico e le sue storie complesse hanno condizionato molto Horikoshi che ha, sin da subito, posto un'attenzione maniacale ai dettagli, creando spazi credibilissimi ed immersivi.

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Tuttavia, non sempre lo stile di My Hero Academia è stato apprezzato dai lettori: scene e ambienti pregni di particolari e minuzie sono stati spesso motivo di critiche, in quanto, talvolta, appesantivano i panels, rendendoli caotici ed un po' intricati.

Le opere che hanno influenzato My Hero Academia

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Il successo del manga My Hero Academia e del suo adattamento anime non è solo merito della trama avvincente, delle tematiche trattate e dei personaggi ben sviluppati, ma anche delle profonde influenze artistiche e culturali che Horikoshi ha saputo amalgamare nella sua opera.

Influenze artistiche 

Oltre alle influenze dirette dai fumetti e dai manga, di cui parleremo fra poco, Horikoshi ha tratto ispirazione anche da altre fonti, in particolar modo dalla Settima Arte: il Cinema e l'Animazione, sia giapponese che occidentale, hanno condizionato la narrazione visiva di Horikoshi, che potremmo definire quasi filmica.

Al Cinema si sono aggiunte, poi, ispirazioni provenienti da letteratura e mitologia, in quanto l'autore ha attinto a temi classici ed universali quali il viaggio dell'eroe, il concetto di sacrificio e la redenzione dell'individuo, tipici dell'epica narrativa.

Quali manga hanno influenzato My Hero Academia

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Horikoshi ha dichiarato più volte che alcune delle sue influenze principali provengono dai manga giapponesi che ha letto durante la sua infanzia e adolescenza.

Tra questi, vi è al primo posto l'iconico Dragon Ball del compianto Akira Toriyama: il dinamismo delle scene d'azione dell'epopea di Goku ha inevitabilmente lasciato un'impronta in Horikoshi. Inoltre, il modo in cui l'autore sviluppa i poteri dei suoi personaggi - Quirk - ricorda molto lo stile di Toriyama.

In seconda posizione abbiamo Naruto di Masashi Kishimoto: nella storia di Naruto Uzumaki, un ragazzo emarginato che sogna di diventare il leader del suo villaggio, assistiamo a paralleli evidenti con il personaggio di Izuku Midoriya. Entrambi i protagonisti sono determinati, partono da situazioni di svantaggio e lottano strenuamente per raggiungere i propri obiettivi.

Oltretutto, Kishimoto è stato uno dei pionieri nella creazione di un gruppo di personaggi di supporto: che si tratti del team 7, o che ci si soffermi sull'intera Konoha, i side-characters di Naruto non solo sono un aiuto fondamentale per il protagonista, ma vantano una caratterizzazione ed un approfondimento mai visti prima.

Ultimo, ma non per importanza, One Piece di Eiichiro Oda: un mondo vasto e dettagliato, personaggi unici e poteri tutti diversi, particolari, sono stati di palese ispirazione per Horikoshi.

Quali fumetti hanno influenzato di My Hero Academia 

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Oltre ai manga giapponesi, come più volte ha dichiarato lo stesso autore, anche i fumetti supereroistici americani hanno avuto un ruolo cruciale nel plasmare la visione di Horikoshi. 

L'autore ha spesso espresso ammirazione per l'universo Marvel e i suoi personaggi, in particolar modo per gli X-Men. L'influenza della Marvel è evidente nella creazione dei quirk e nel concetto stesso di eroi professionisti.

Oltretutto, il modo in cui Horikoshi esplora ed analizza gli ideali, le responsabilità, le pressioni che l'essere un eroe comporta, riecheggia i temi trattati nelle storie di Spider-Man, X-Men e molti altri: Villains e Heroes attanagliati da dubbi, dalle proprie emozioni, trainati da motivazioni reali e, soprattutto, realistiche.

Tuttavia, non è finita qui: anche i personaggi della DC Comics hanno, in parte, influenzato l'autore. L'idea di un simbolo di pace come All Might è palese ispirazione all'Uomo d'Acciaio, Superman, emblema del sacrificio ed eroe per eccellenza.

Inoltre, la dualità tra la vita pubblica di un eroe e le sue lotte personali è un tema comune in molti fumetti DC, elemento che Horikoshi ha magistralmente integrato nel suo manga: All Might è simbolo di speranza dell'umanità, ma anche un essere umano ordinario, con tutte le sue fragilità.

My Hero Academia ha influenzato manga e fumetti moderni?

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L'opera di Horikoshi ha giocato un ruolo cruciale nella rivitalizzazione del genere shonen, portando una ventata di aria fresca con il suo assurdo mix di tematiche classiche ed innovative: la struttura narrativa del manga alterna tipici momenti di formazione scolastica ad intense battaglie contro i villain, senza mai risultare troppo impegnativo o, di contro, troppo poco.

Influenza sui manga

L'autore, sin da subito, ha saputo catturare l'attenzione di un pubblico vasto e variegato bilanciando sapientemente il connubio tra azione, umorismo e dramma, creando personaggi con cui i lettori possono facilmente identificarsi

Obiettivo primario di Horikoshi è stato dar vita ad un Mondo popolato (quasi) esclusivamente da supereroi, malgrado questi ultimi non siano mai stati hot topic in Giappone: esistevano gli eroi, certamente, ma erano esseri umani - o provenienti da Pianeti lontani - dotati di poteri straordinari.

Persino le Sailor erano eccezioni alla regola: nessuno, prima di Kohei, aveva mai pensato di fondere elementi tipici dei comics americani alla narrazione (ed il disegno) di matrice manga giapponese

Vien da sé che, in seguito all'adattamento anime di My Hero Academia, le opere successive si son dovute - anche se solo in parte - uniformare all'eccezionale qualità dell'opera di Horikoshi.

Il successo di My Hero Academia ha influenzato centinaia di mangaka, incoraggiandoli non solo ad esplorare temi profondi (quali la determinazione, il concetto di giustizia, la discriminazione delle minoranze) e strutture narrative simili, ma anche a riservare la medesima attenzione a tutti i personaggi, primari o secondari che siano.

Difatti, una delle originali peculiarità del manga sta proprio in questo: donare a quasi tutti i personaggi archi narrativi complessi ed interessanti, dimostrando che anche gli elementi di supporto possono avere un impatto significativo sulla trama principale.

Esempi lampanti sono Shoto Todoroki, Katsuki Bakugo e Ochaco Uraraka, side-characters portatori di messaggi profondi, star indiscusse di alcune delle migliori storie narrate dall'autore e protagonisti di evoluzioni del personaggio mai viste prima d'ora. Personaggi secondari, certo, ma solo a Midoriya: elementi-chiave della storia degli Heroes.

Spettatori di tutto il mondo sono rimasti incantati dalla qualità dell'animazione, ma anche dalla fedeltà al materiale originale, il tutto trainato da una colonna sonora coinvolgente, da brividi: requisiti che hanno contribuito a creare un'esperienza visiva ed emotiva che ha catturato milioni di fan, dimostrando quanto il mondo supereroistico possa avere successo anche al di fuori di un contesto occidentale.

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Influenza sui comics

La popolarità di My Hero Academia ha, inoltre, influenzato in parte l'industria dei fumetti occidentali.

Le avventure di Deku e company hanno dimostrato che c'è un forte interesse per le storie di supereroi raccontate attraverso la lente dei manga: questo ha determinato una maggiore collaborazione tra case editrici giapponesi e occidentali, nonché a un aumento della pubblicazione di manga nel mercato occidentale

Inoltre, alcuni fumettisti occidentali hanno iniziato ad incorporare elementi stilistici e narrativi tipici dei manga nelle loro opere, creando una fusione interessante tra i due stili: persino il formato tipico del fumetto giapponese è stato, talvolta, adottato da autori americani o inglesi, o addirittura italiani.

My Hero Academia, ad oggi, è un vero e proprio fenomeno culturale.

Cosa significa davvero essere un Eroe?

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Privazione dell'aura di invincibilità: l'Eroe può fallire

Horikoshi parte da un presupposto fondamentale: riformulare il concetto di Supereroe, renderlo umano, privarlo dell'aura di magnificenza ed invincibilità. Solo così potrà realmente entrare nel cuore dei lettori di tutto il mondo.

Esempio lampante di questa rinuncia all'invulnerabilità è il protagonista-non-protagonista dell'intera vicenda, Izuku Midoriya: il giovane incarna l'archetipo dell'eroe ordinario, un ragazzino che non fa affidamento esclusivamente sul proprio Quirk, ma - di contro - affronta la vita con umanità e rispetto per il prossimo, anche se quest'ultimo è un malvagio mostro.

Deku prova empatia per i nemici, cerca di comprenderne le ragioni, indaga a fondo nella loro psiche, talvolta fallendo e rischiando di essere inghiottito dall'oscurità: perché Midoriya è fallibile, umano, e lo dimostra spesso in tutta la sua fragilità.

L'approccio di Horikoshi al tema degli Eroi-anti-eroi ha fatto sì che My Hero Academia non solo attirasse sempre nuovi lettori, ma mantenesse anche l'interesse dei veterani.

Anche tu puoi essere un Eroe!

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Altro punto di partenza dell'autore, inoltre, è accettare che non esista il modo giusto di essere un eroe: non è necessario salvare il mondo per potersi definire Number One Hero. Caparbietà, ideali ben saldi, senso di giustizia, ognuno di noi può vestire i panni di un Superhero.

E ne è prova ogni personaggi, che si tratti di Hero o Villain: Hawks non è un eroe solo perché Pro Hero Numer 3\2, così come Twice non è cattivo solo perché membro dell'Unione dei Villain.

Prima di essere dei simboli, prima di venire etichettati in quanto heores & villains, sono Keigo Takami e Jin Bubaigawara, e le azioni di entrambi sono frutto delle scelte del passato, perseguite nel presente e causa di quel che sarà il loro futuro.

Quanti di voi, dinanzi alla morte di Twice e al colpo basso di Hawks, hanno pensato fosse stato ingiusto il modus operandi dell'Hero?

Ecco, uno dei significati di My Hero Academia sta proprio lì: porsi delle domande

Se la azioni di un Eroe siano davvero giuste, o dettate dalle aspettative della società o di una Confederazione, se gli ideali di un Villain siano davvero così deprecabili come vogliono farci credere, se siamo noi i buoni e perché ci riteniamo tali: di tutto ciò, ad esempio, si fa portavoce uno dei personaggi più profondi dell'intero manga, Stain The Hero Killer.

Eroe è un titolo dato solo a coloro che hanno compiuto grandi imprese!

Ci sono troppi che si comportano come eroi, ma sono davvero adoratori del denaro. Finché questo mondo non si renderà conto del suo errore, continuerò ad apparire.

All it takes is one bad day

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Il dolore del lettore per la morte di Twice non deriva solo dall'essersi affezionati al personaggio dopo My Villain Academia: noi abbiamo sofferto per la dipartita di Jin perché aveva un cuore puro, perché era umano, non un perfido mostro.

E come lui, la maggior parte degli individui che entrano a far parte dell'Unione dei Villains: molti di loro sono solo il risultato del lerciume che avvelena la società. Una società formata da esseri umani vili, che puntano il dito contro il diverso, senza sforzarsi di comprendere le ragioni che si celano dietro una rapina o un'azione ritenuta deprecabile dalla maggioranza.

Jin Bubaigawara è questo: rapinatore, recluso, reietto. E per cosa? Per un errore commesso in gioventù, un incidente che lo ha reso un mostro agli occhi della brava gente. Twice si erge a simbolo, al pari di All Might: egli è l'emblema del fallimento degli Heroes.

All it takes is one bad day, come cita lo stesso autore in un'illustrazione dedicata al personaggio: basta solo una brutta giornata per trasformare un uomo buono in un villain. E Horikoshi ci invita ad ascoltare attentamente il monito.

Comprendere le ragioni del nemico

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I Villain di Horikoshi non sono cattivi e basta, almeno non tutti: eccezion fatta per All for One, i nemici di Deku ed All Might sono trainati da ideali forti, ragioni imprescindibili e sogni non sempre così deplorevoli.

Non mere macchiette, bensì villain - oseremmo dire - in stile DC e Marvel Comics: personaggi resi magistralmente, spesso spezzati (come Twice) a causa di un passato atroce e vittime di una vita matrigna che ha preferito accanirsi nei loro riguardi, anziché tendergli una mano per rialzarsi.

Personaggi ripudiati dalla società e da coloro che avrebbe dovuto salvarli, come figli abbandonati dai propri genitori: Cattivi con i quali il lettore può empatizzare, dalle argomentazioni spesso comprensibili e, talvolta, addirittura più giuste della disamina super-eroistica.

Stain, come accennato in precedenza, è l'esempio lampante della lotta al Falso Eroe, nonché simbolo della Rivoluzione e motore trainante di una buona parte di coloro che non concordano con azioni e atteggiamenti degli Heroes: Spinner, ma anche Twice, Mr Compress sono tutti figli della propaganda di Stain.

Sembra che i nostri obiettivi si oppongano. Tuttavia, siamo d'accordo su una cosa: distruggere il presente.

Shigaraki e Deku: due facce della stessa medaglia

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In maniera diametralmente opposta, i lettori si son ritrovati ad empatizzare anche con la belva umana, Shigaraki Tomura: personaggio criptico, enigma per eccellenza, Shigaraki è, come molti altri villains, emblema del fallimento della società.

Bambino buono, dolce e caritatevole, il suo Quirk, manifestatosi improvvisamente, lo priva di ogni cosa: nell'arco di pochi secondi, il piccolo Tenko Shimura uccide il suo cane, la madre, i nonni e l'autoritario padre.

In preda al panico, cerca aiuto nella moltitudine di Heroes che pattugliano la città, ma nessuno pare volerlo aiutare: la gente lo evita, le persone lo respingono. Di viso in viso, di mano in mano, passo dopo passo, Tenko s'imbatte in All For One.

Come un padre col figlio, il Villain per eccellenza comprende sin da subito di essere dinanzi ad una miniera d'oro: il Quirk Annientamento di Tenko lo aiuterà a distruggere All Might, ne è sicuro. Nasce così Shigaraki Tomura.

Horikoshi, attraverso le storie dei suoi personaggi, offre ai fan una doppia lettura dell'opera: non la tipica lotta del Bene Contro il Male, bensì un'analisi profonda che induce il lettore ad un'illuminazione.

Non esistono un Bene ed un Male Assoluti. Tutto è relativo, così come ognuno di noi necessita di una guida, un insegnante, e non di un padre autorevole interessato solo al proprio tornaconto personale.

My Hero Academia, in definitiva, è un'opera che urla in faccia ai pregiudizi, che propone ai propri lettori un concetto semplice, chiaro: l'importanza di entrare a contatto con un mentore dagli ideali saldi, puri.

Un eroe, nel suo piccolo, che come un genitore ci prenda per mano e, con gentilezza, accompagni il seggiolino della nostra bicicletta finché non saremo in grado di viaggiare in solitaria. Come All Might con Midoriya.

Considerazioni finali

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Per le nostre considerazioni finali, è necessario abbandonare un attimo i panni da redattori per vestire quelli di appassionati dell'opera. 

My Hero Academia non è certamente un manga scevro da difetti, anzi: sin dal primo capitolo, Horikoshi ha abituato i propri fan al fallimento.

Non sempre abbiamo apprezzato le sue scelte narrative, abbiamo detestato l'indole lagnosa di Midoriya e spesso ci siam ritrovati a maledire l'autore per il suo tratto iper-dettagliato. Eppure, la narrativa di Horikoshi, i suoi Heroes e Villains ci riportavano sempre a My Hero Academia.

Un'opera che trascende il concetto moderno di eroe, che fa a pezzi la disamina supereroistica de Eroe Buono VS Nemico Cattivo, che calpesta la convinzione che un ideale sia migliore di un altro: un manga che pone il lettore dinanzi a scomode verità, spingendoci ad accettare la vera natura delle cose.

Horikoshi, attraverso le sue azioni e scelte definite da molti come poco coraggiose, ha dimostratoche non è necessario uccidere i propri personaggi per creare un'opera grandiosa: è pur sempre uno shonen, ed in quanto tale contiene messaggi pregni di etica e morale, rivolti anche ad un pubblico molto giovane.

Un'opera che non si prefigge di fornire risposte universali, invitando a riflettere su interrogativi profondi, quali:

Sono davvero io il buono? Cos'è, in realtà, la bontà?

Cosa significa davvero essere un Eroe?

immagine in evidenza via amazon.it

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