Shining, il luogo in cui tempo e spazio fanno riemergere i fantasmi del passato

Dopo la presentazione della versione in 4K al Festival di Cannes 2019 e dopo l'uscita nelle sale del sequel "Doctor Sleep", un'analisi approfondita del capolavoro di Stanley Kubrick

Immagine di Shining, il luogo in cui tempo e spazio fanno riemergere i fantasmi del passato
Autore: Federico Parmiggiani ,

Prodotto e diretto da Stanley Kubrick e scritto dal regista insieme alla scrittrice americana Diane Johnson come adattamento dell’omonimo romanzo (edito nel 1977) di Stephen King, Shining (The Shining, USA, 1980, di genere horror) è uno dei molti capolavori realizzati dal geniale film-maker americano. Pur differendo in alcune sue cose dalla controparte letteraria, la pellicola è riuscita fin da subito a ritagliarsi un posto nell'immaginario horror e pop mondiale anche oltre lo stesso Stephen King, divenendo un modello cinematografico ancora oggi studiato e citato in ogni ambito. 

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Giunto all’undicesimo film dopo avere trattato storie di diversi generi, dal drammatico (Lolita del 1962) alla commedia nera (Il Dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba del 1964) alla fantascienza (2001: Odissea nello spazio del 1968 e Arancia meccanica del 1971), Kubrick si occupa per la prima volta del genere horror, dopo essere rimasto affascinato dalla lettura di uno dei primi romanzi di Stephen King, nonché il secondo ad essere trasposto per il grande schermo, dopo l’adattamento di Carrie (il suo primo romanzo ad essere pubblicato nel 1974) con il film horror Carrie – Lo sguardo di Satana (Carrie) di Brian De Palma del 1976.

Questa decisione fu dovuta anche al fatto che Barry Lyndon, la sua opera precedente (di genere drammatico) del 1975, non era stata un grande successo di pubblico e di critica (sebbene sia anch’essa un capolavoro), motivo per cui il regista volle realizzare un film che gli assicurasse maggiori consensi sia da parte del pubblico sia da parte dei critici.

Il film ha vinto nel 1981 un Saturn Award per il miglior attore non protagonista su quattro nomination; è stato inoltre selezionato nel 2014 per essere inserito nella “Film Hall of Fame”, e nel 2018 per essere inserito nel “National Film Registry”, cioè nel “Registro Nazionale dei Film” della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Inoltre la pellicola è stata presentata in anteprima mondiale al Festival di Cannes del 2019 nella nuova versione in 4K. Uscito nelle sale americane il 23 maggio 1980 e nelle sale italiane il 22 dicembre 1980, il film è stato prodotto e distribuito da Warner Bros. sul mercato americano e da PIC Distribuzione sul mercato italiano.

Riassunto della trama

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Ambientata nel 1980 nello Stato del Colorado negli Stati Uniti, è la storia di Jack Torrance (appellativo usato al posto di John), un ex professore di inglese del college (con problemi di alcolismo in passato) che, in seguito al licenziamento, ha lasciato l’insegnamento per dedicarsi alla scrittura. All’inizio della storia, il protagonista si reca per un colloquio di lavoro in una zona sulle Montagne Rocciose del Colorado dove si trova l’Overlook Hotel, un imponente albergo costruito negli anni Venti sui resti di un antico cimitero indiano ed isolato da ogni altra città, dietro il quale si trova un singolare giardino costruito come un labirinto di siepi.

All’interno l’uomo incontra Stuart Ullman, il direttore dell’hotel, insieme a Bill Watson, l’addetto alla manutenzione. Ullman gli spiega che egli sarà il nuovo custode dell’hotel, e che pertanto dovrà occuparsi delle operazioni di manutenzione dell’edificio per i cinque mesi previsti durante il periodo invernale. Oltre a questo, l’uomo lo avverte di una tragedia avvenuta nel 1970 nello stesso hotel: il precedente custode, Delbert Grady (Charles Grady nella versione originale), finì per impazzire (probabilmente a causa del prolungato isolamento) e così uccise la moglie e le due figlie gemelle con un’ascia, per poi suicidarsi con un colpo di fucile. Appreso il fatto, Jack si limita a rispondere che non è possibile che una cosa simile accada ad uno come lui, e che una situazione di isolamento è ciò di cui ha bisogno per scrivere.

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In seguito al colloquio, il protagonista, insieme alla moglie Wendy (diminutivo di Winnifred) e al giovane figlio Danny (diminutivo di Daniel), si trasferisce all’Overlook Hotel, dove incontra di nuovo Ullman insieme a Watson: così mentre gli ospiti si accingono a lasciare uno dopo l’altro l’albergo, il direttore mostra alla famiglia Torrance il loro appartamento e li guida in un breve tour dell’immenso edificio.

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Arrivati alla cucina, i Torrance fanno la conoscenza dell’afroamericano Dick Hallorann, il capocuoco dell’hotel il quale, dopo avere mostrato la cucina e l’enorme dispensa a moglie e figlio, si offre di accompagnare Danny a prendere un gelato. Mentre i due fanno conversazione, Hallorann rivela a Danny di essere a conoscenza del suo dono e di possederlo a sua volta: egli lo definisce la “luccicanza” (“shining” nella versione originale), una facoltà extrasensoriale simile alla telepatia e alla preveggenza che permette a chi la possiede di ricevere “visioni” (talvolta chiare, talvolta confuse) relative sia a fatti del passato sia a fatti del futuro.

Ma Danny si rifiuta di parlarne perché è spesso spaventato da ciò che vede, e anche per questo si confida più volte con Tony, il suo amico immaginario (o meglio il modo elementare in cui Danny concepisce e razionalizza lo “shining”, la propria peculiare facoltà), che lo consiglia su come affrontare una determinata situazione. Quando, a causa di alcune inquietanti visioni sull’hotel avute prima di partire, il bambino chiede ad Hallorann che cosa sia accaduto nella camera 237, l’uomo gli risponde, mostrando una malcelata apprensione, che non è accaduto niente e che non se ne deve preoccupare.

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Così alcuni giorni dopo che tutti se ne sono andati, i Torrance restano gli unici residenti dell’albergo, ormai completamente isolato a causa della neve che rende ancora più difficoltose le comunicazioni con l’esterno.

Mentre nella Sala Colorado Jack cerca la concentrazione necessaria per scrivere il proprio romanzo e Wendy si occupa delle faccende domestiche e delle principali mansioni di manutenzione dell’edificio, Danny gioca negli infiniti corridoi dell’hotel. Ma la situazione sembra degenerare da un giorno all’altro.

Jack è sempre più teso per il fatto di non riuscire a proseguire con il romanzo e aggredisce verbalmente Wendy quando la moglie lo interrompe mentre sta scrivendo, e mentre gira con il suo triciclo per i corridoi dell’hotel Danny ha una visione delle due figlie gemelle del precedente guardiano, le quali prima sono una accanto all’altra e un attimo dopo sono riverse a terra, i corpi dilaniati e sanguinanti: ne resta scioccato sebbene, anche in questo caso, Tony gli ricordi che non c’è niente di reale.

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Ma quando Danny (dopo avere trovato la porta della camera 237 aperta ed esservi entrato) si presenta ai genitori con alcuni lividi sul collo, Wendy attribuisce la colpa a Jack il quale, ancora scosso da un incubo che ha appena avuto, è però estraneo al fatto, e se ne va insultandolo.

A questo punto anche Jack inizia ad avere ripetute visioni di individui del passato dell’hotel, motivo per cui la sua mente inizia a vacillare sempre di più prima del tracollo finale. Infatti dopo avere parlato nella Gold Room, nella grande Sala da ballo prima con un barman di nome Lloyd che gli offre qualcosa da bere, e poi durante uno spettrale party degli anni Venti con un cameriere che accidentalmente gli versa sulla giacca un altro drink (e che si rivela poi essere Delbert Grady, l’ex custode dell’hotel).

Poi c'è l’inquietante incontro proprio nella camera 237 con un’affascinante donna che lo bacia e che in un istante si trasforma in un’anziana dal corpo decrepito che lo insegue (la stessa presenza avrebbe aggredito Danny). Jack viene convinto da Grady del fatto che moglie e figlio gli siano in qualche modo d’ostacolo alla realizzazione del suo romanzo così come nella sua vita, e che per questo motivo sia necessario “punirli” in modo efficace.

Così la prima manifestazione di follia del protagonista si verifica nella Sala Colorado, dove egli è solito scrivere.

Quando Wendy lo cerca per parlargli, munita di una mazza da baseball (dopo avere avuto una discussione con il marito riguardo la necessità di lasciare l’hotel per la salute del figlio, motivo per cui l’uomo se n’è andato infuriato), si ferma e inizia a sfogliare le pagine scritte da Jack e scopre, con una crescente apprensione, che egli non ha fatto altro che scrivere ripetutamente la stessa frase, cioè “Il mattino ha l’oro in bocca” (mentre nella versione originale la frase è “All work and no play makes Jack a dull boy”, cioè “Solo lavoro e niente divertimento rendono Jack un ragazzo annoiato”).

È a questo punto che l’uomo appare dal fondo della stanza spaventandola, con un’espressione di lucida pazzia dipinta sul volto. Allora dopo una discussione dai toni sempre più aspri sull’importanza di rispettare un impegno e di mantenere la parola data, Wendy colpisce Jack con la mazza, facendolo cadere in fondo alle scale: quindi mentre è semi-incosciente lo trascina fino alla cucina e lo rinchiude nella dispensa. E scopre subito dopo che il marito li ha isolati completamente, manomettendo sia la radio usata per le comunicazioni sia il gatto delle nevi, cioè l’unico mezzo di trasporto utilizzabile in quelle condizioni.

Ma poco dopo accade qualcosa di imprevisto: Jack viene liberato da Grady, dopo avergli fatto promettere che si occuperà di moglie e figlio definitivamente. Armato di un’ascia, l’uomo cerca dunque di entrare nel loro appartamento, dove Wendy e Danny stanno riposando, mentre nel frattempo Hallorann, dopo essere stato contattato telepaticamente da Danny in precedenza perché ormai consapevole del pericolo rappresentato dal padre, è in viaggio verso l’hotel per aiutare il bambino e sua madre.

Dunque dopo che Wendy è riuscita a fare fuggire Danny dalla finestra del bagno, dove si è asserragliata nel disperato tentativo di resistere alla furia di Jack, che cerca di abbattere la porta, Hallorann arriva finalmente all’hotel: ma pochi secondi dopo essere entrato, il protagonista lo uccide colpendolo sul petto con l’ascia. Nello stesso istante Danny, nascosto poco lontano, urla terrorizzato, e Jack lo insegue fuori dall’hotel fino all’interno del labirinto di siepi.

Intanto Wendy, impegnata a cercare il figlio tra le mura dell’edificio, vede gli spettri di alcuni ex inquilini dell’hotel, e ha l’agghiacciante visione di una cascata di sangue che si riversa fuori dalle porte di un ascensore; e un attimo dopo avere visto il cadavere di Hallorann poco dopo l’ingresso, vede un altro spettro con il volto dilaniato a metà che la saluta divertito.

Quindi all’interno del labirinto (che aveva già visitato con la madre) Danny riesce a salvarsi con un astuto espediente: sapendo che il padre segue le sue impronte nella neve, ad un tratto egli inizia a camminare all’indietro sulle sue stesse orme, e si nasconde dietro una siepe; dopo che Jack è passato oltre, Danny ripercorre rapidamente il percorso all’indietro fino a quando esce dal labirinto, dove corre incontro a sua madre.

A questo punto i due se ne vanno con il gatto delle nevi di Hallorann. Essendo ormai del tutto incapace di ragionare, anche a causa del rigidissimo clima, e accortosi che il figlio è riuscito ad ingannarlo, Jack lancia alcune urla di agonia per poi lasciarsi cadere a terra e morire. Il mattino seguente è visibile il suo cadavere congelato con gli occhi sbarrati verso l’alto.

Infine l’ultima scena all’interno dell’hotel mostra una vecchia fotografia che ritrae un folto gruppo di persone in abito da sera al party del 4 luglio 1921 nello stesso hotel: in primo piano al centro è visibile lo stesso Jack, il quale sorride tra gli invitati.

Profondità di contenuti e stile nella forma attraverso l’innovazione tecnologica

Come per la maggior parte dei film di Stanley Kubrick, Shining presenta un impressionante livello di professionismo in ogni suo ambito, sia nei contenuti sia nella forma.

Innanzitutto, per quanto concerne la regia, il film-maker decise di ricorrere all’allora poco utilizzata Steadicam (o Steadycam, creata intorno alla metà degli anni Settanta dall’operatore americano Garrett Brown), un innovativo mezzo di supporto della cinepresa caratterizzato da un sistema di ammortizzazione collegato ad una specie di corpetto indossato dallo stesso operatore, che permette di effettuare riprese in movimento senza vibrazioni e sobbalzi; il regista volle che fosse lo stesso Garrett Brown ad effettuare tutte le riprese in cui era previsto l’uso di questa tecnologia, sfruttandola così al massimo delle sue potenzialità.

Anche per questo molte scene mostrano una regia fluida e scorrevole, risultando così estremamente realistiche, come quelle in cui Danny si aggira sul suo triciclo tra i lunghi corridoi dell’hotel o quelle realizzate all’interno del labirinto, in cui i personaggi si muovono entro uno spazio piuttosto angusto. Non a caso in varie scene la cinepresa segue un personaggio da vicino, posteriormente o frontalmente, in modo da coinvolgere rapidamente lo spettatore nella vicenda narrata, aumentando talvolta la tensione drammatica.

Oltre a questo, in molte scene il regista inizia con totali o con campi lunghi dell’ambiente per poi passare a campi medi e a primi piani dei personaggi coinvolti, tecnica che serve spesso per l’accrescere della tensione fino al climax, al momento culminante della scena. Si tratta complessivamente di una regia inventiva (probabilmente anche più che in altre opere del film-maker), che non risparmia diverse tecniche utilizzate più volte, dalle panoramiche sui titoli di testa del film (realizzate anch’esse con la Steadicam dall’operatore su un elicottero) allo zoom (tecnica usata raramente dal regista) veloce sui volti di alcuni personaggi o su alcuni dettagli (ad esempio la scena in cui Danny vede per la prima volta le due gemelle nell’hotel, o quella in cui Wendy scopre il cadavere di Hallorann) ai repentini movimenti di macchina (per esempio quando Wendy vede alcuni inquietanti ospiti dell’hotel), con l’effetto di instillare ansia nello spettatore.

Regia assecondata dal montaggio di Ray Lovejoy che nella prima parte imprime un ritmo pacato alla storia, ma che si fa progressivamente più serrato mentre la trama si infittisce (ad esempio ogni volta che Danny ha una serie di visioni, mostrate in rapida successione con stacchi netti), anche per il fatto di scandire i momenti della storia con alcune didascalie che indicano il trascorrere del tempo.

Tra le particolarità si nota già dalle prime inquadrature il ricorso alla dissolvenza incrociata (un’inquadratura che scompare lentamente lasciando apparire la successiva), tecnica usata di solito per mostrare il trascorrere del tempo in una singola sequenza, tuttavia insolita per Kubrick, dal momento che nei suoi film il regista non vi ricorre spesso.

Esistono, com’è noto, tre versioni del film: la prima della durata di 146 minuti, la seconda della durata di 144 minuti e l’unica approvata da Kubrick, e la terza della durata di 119 minuti. La terza versione, che arrivò nei cinema italiani e internazionali nel 1980, fu realizzata dallo stesso regista per il mercato internazionale, anche se in seguito esternò la propria disapprovazione riguardo ad essa; questa terza versione fu per anni l’unica ad essere distribuita fuori dagli Stati Uniti anche se, solo dal 2019, la Warner Bros. ha finalmente distribuito la versione di 144 minuti, proiettata anche in alcuni cinema per poi essere disponibile per l’Home Video.

Per quanto riguarda le parti tagliate, dalla prima versione fu omessa una scena di due minuti circa: in essa alla fine della storia Ullman, il direttore dell’hotel, va a trovare Wendy e Danny in ospedale e riferisce alla donna che la polizia non riesce a trovare il corpo di Jack; consegna poi al bambino una palla da tennis identica a quella che gli era stata lanciata (forse da uno spettro nella camera 237, in cui entra subito dopo) mentre giocava nei corridoi dell’hotel.

Invece dalla seconda versione furono tolte alcune scene, parti di scene e di dialoghi dall’inizio alla fine della storia, per un totale di 25 minuti circa. Inoltre Kubrick si occupò anche delle edizioni estere della pellicola, modificando personalmente la frase (alterandone quindi il significato) scritta ripetutamente dal protagonista nella scena in cui Wendy lo abbatte con la mazza nella sala Colorado, e traducendola nelle lingue dei paesi in cui il film sarebbe stato distribuito.

La fotografia di John Alcott illumina le scene negli ambienti esterni ed interni dell’Overlook Hotel con colori dai toni saturi, talvolta vividi, che contribuiscono a dipingere i contorni di ambienti e di personaggi che si scolpiscono nella memoria dello spettatore, mentre le scenografie di Roy Walker e di Leslie Tomkins completano un contesto tanto maestoso quanto inquietante, come si vede in particolare in alcune scene e in alcune inquadrature, ad esempio nel campo lungo dall’alto che mostra Jack intento a scrivere il proprio romanzo quando Wendy gli fa visita nella sala Colorado (dove si può notare tra le altre cose la simmetria della scena dovuta alla disposizione dei mobili nella stanza, uno degli elementi ricorrenti nei film di Kubrick) e nei totali che mostrano il protagonista nella grande sala da ballo, prima solo con il barman Lloyd e successivamente durante il party degli anni Venti.

In quest’ultima scena in particolare si possono ammirare i realistici costumi nello stile dell’epoca realizzati dalla talentuosa costumista italiana (vincitrice finora di quattro Oscar e di molti altri premi) Milena Canonero, che iniziò la sua carriera nel cinema lavorando proprio con Kubrick in Arancia Meccanica e in Barry Lyndon, e collaboratrice tra gli altri di registi come Francis Ford Coppola e Roman Polanski.

Per quanto concerne la recitazione, appare evidente come il ruolo più complesso e più interessante sia quello di Jack Torrance, interpretato da Jack Nicholson. La sua è un'interpretazione magistrale e istrionica: prima sotto le righe, ricorrendo anche a sguardi allusivi, come si osserva durante il colloquio iniziale con Ullman e poi negli scambi di battute con Wendy e Danny e con altri personaggi (ad esempio quando cerca di rassicurare il figlio, dicendogli che non farebbe mai del male né a lui né a sua madre, o quando nella Sala da ballo dialoga con il barman Lloyd), per poi divenire decisamente sopra le righe quando il protagonista si mostra ormai irrimediabilmente impazzito, come si vede ad esempio nella scena in cui Wendy viene aggredita verbalmente dal marito e si vede costretta a colpirlo con una mazza da baseball.

E gli altri tre attori principali (Shelley Duvall nel ruolo di Wendy Torrance, Danny Lloyd in quello di Danny Torrance e Scatman Crothers in quello di Dick Hallorann) dimostrano di essere “in parte”, offrendo ognuno una buona interpretazione.

E la colonna sonora dimostra di essere un'attenta ed eterogenea composizione: si inizia con i musicisti americani Wendy Carlos (nato come Walter Carlos e divenuto donna in seguito ad un’operazione per cambiare sesso nel 1972, ed uno dei primi compositori di musica elettronica ad utilizzare l’allora innovativo sintetizzatore moog) e Rachel Elkind, che avevano già lavorato con il regista per Arancia Meccanica, e si continua poi con grandi musicisti come i compositori ungheresi György Ligeti (considerato uno dei migliori del XX secolo) e Béla Bartók (ritenuto uno dei pionieri della disciplina della cosiddetta etnomusicologia), e come il compositore polacco e direttore d’orchestra Krzysztof Penderecki (ritenuto all’unanimità uno sperimentatore e un musicista all’avanguardia).

Essa avvolge l’intera storia in una potente atmosfera dai toni ora soprannaturali, ora grotteschi, fin dalle note del tema omonimo (The Shining Main Title, ispirato al Dies Irae, una melodia del XIII secolo) del film (creato da Carlos ed Elkind, così come il tema Rocky Mountains), che introduce la trama con le prime inquadrature, alla ballata Midnight, the Stars and You (scritta da Jimmy Campbell, Reginald Connelly ed Harry Woods ed eseguita dalla Ray Noble Orchestra con Al Bowlly), che accompagna la scena del party degli anni Venti nella Gold Room, la Sala da ballo.

Temi e interpretazioni della storia

Per la sua elaborata e geniale sceneggiatura, scritta da Kubrick insieme alla scrittrice americana Diane Johnson (nata come Diane Lain, celebre per alcuni saggi e per diversi romanzi dal taglio satirico che trattano spesso di donne moderne che attraversano una crisi, e candidata al Premio Pulitzer nel 1988 per il suo romanzo Persian Nights del 1987), Shining presenta una notevole molteplicità di temi, così come diverse chiavi di lettura e altrettante interpretazioni.

Il tema principale della storia è probabilmente quello dell’ossessione (si tratta forse del tema chiave, o di uno dei temi chiave, del cinema di Stanley Kubrick), anche se in questo caso si dovrebbe parlare di una doppia ossessione (rispetto alla quale si evidenziano rispettivamente le dicotomie “successo/fallimento” e “amore/odio”) che affligge il protagonista, Jack Torrance.

La prima è costituita dal desiderio (destinato a fallire) di avere successo, precisamente di diventare uno scrittore famoso, motivo per cui Jack cerca di scrivere il suo primo romanzo mentre aumenta in lui il terrore del fallimento, acuito anche dal cosiddetto “blocco dello scrittore” da cui egli sembra essere affetto; mentre la seconda è rappresentata dalla paura (del tutto infondata) che moglie e figlio siano coloro che lo intralciano nella strada verso il successo, paura che gli viene instillata dagli spettri dell’Overlook Hotel e che lo spinge quindi a cercare di sterminare la sua famiglia.

Per quanto riguarda l’interpretazione principale della storia, relativa al tema dell’ossessione e di tipo psicologico, se si considerano in particolare i tre spettri con cui egli si relaziona, si può ritenere che ciascuno di essi rappresenti un diverso tipo di fallimento: Lloyd, il barman personifica il fallimento nel controllo di sé (la resistenza al vizio, in questo caso all’alcolismo), la donna nella camera 237 costituisce il fallimento nella vita privata (l’amore che si tramuta in morte) e Grady, l’ex custode rappresenta il fallimento in ambito lavorativo (l’incapacità o comunque la mancanza di volontà nello svolgere l’incarico che gli è stato assegnato).

Si tratta in questo senso della storia di un individuo ossessionato dall’idea del successo personale (che non ha mai o crede di non avere mai veramente avuto nella vita), che di fronte allo “spettro” del fallimento si lascia travolgere dalla follia arrivando a cercare di eliminare moglie e figlio, visti dall’uomo come i veri responsabili della sua sconfitta personale.

Un altro tema centrale (come lo è in molti film del regista), relativo al protagonista, è quello del controllo, o meglio dell’opposizione “controllo/perdita di controllo”. Jack ritiene da sempre di avere il controllo su ogni aspetto della propria vita (nonostante lo abbia perso più volte in passato a causa dell’alcolismo) e sulla propria famiglia: crede in altre parole di essere il cosiddetto “homo faber fortunae suae”, l’uomo artefice del proprio destino. E quando si occupa dell’Overlook Hotel (il termine stesso “overlook” significa anche “controllare”) come custode è convinto di poterne sovrintendere ogni aspetto (talvolta incaricando temporaneamente la moglie del ruolo di custode, la quale si occupa così delle varie mansioni), mentre continua a lavorare al proprio romanzo.

Ma le forze del male all’interno dell’hotel riescono invece progressivamente a soggiogarne la mente fino a manipolarlo, e dunque a controllarlo, per raggiungere i loro obiettivi. Questo concetto trova una geniale rappresentazione nel labirinto del giardino al di fuori dell’hotel. Esso costituisce un perfetto simbolo della condizione del protagonista il quale, dapprima convinto (o meglio illuso) del totale controllo della situazione, finisce poi per perdere ogni cosa, smarrendosi letteralmente nel labirinto dal quale non uscirà mai più.

C’è una scena in particolare che esprime molto bene questo concetto, quella in cui Wendy e Danny stanno passeggiando all’interno del labirinto, mentre Jack nell'hotel sta giocando con una palla per scaricare lo stress, in attesa di riprendere a scrivere. Ad un tratto si ferma in una stanza e, avvicinatosi ad un modello del labirinto, lo osserva dall’alto: e l’inquadratura successiva mostra una panoramica dall’alto verso il basso del vero labirinto (anche se all’inizio logicamente si è indotti a credere che sia il plastico nella stanza), dando così l’impressione, o meglio l’illusione, che la presenza di Jack domini su tutto nell’hotel, così come su moglie e figlio.

Secondo la relativa interpretazione, di tipo filosofico, si tratta quindi della storia di un individuo che è sempre stato convinto di muoversi lungo un percorso da lui tracciato, ma nel percorrere questo cammino finisce per perdersi (metaforicamente nella vita e letteralmente nel labirinto), fino ad arrivare alla propria fine.

È quasi sottinteso ricordare, sempre riguardo al protagonista, la dicotomia “razionalità/irrazionalità” (o anche “ordine/caos”), che viene mostrata dall’inizio alla fine della storia mentre Jack perde sempre di più il contatto con la realtà (complice la condizione di isolamento tra le mura dell’hotel), fino all’esplosione finale di violenza. Relativamente a questo si può anche parlare, in termini di tema e di interpretazione (di matrice sociologica), di distruzione del nucleo famigliare. Quando il protagonista si trasferisce all’Overlook Hotel con moglie e figlio, la famiglia Torrance appare essere molto unita, a dispetto dei problemi economici e relazionali che hanno e che hanno avuto soprattutto in passato.

Ma la condizione di totale isolamento (geografico, atmosferico e psicologico) in cui si trova Jack (insieme alle forze malefiche del posto) lo convincono della necessità dell’eliminazione degli altri due membri della famiglia la quale, sebbene Wendy e Danny si sforzino di ragionare con Jack e riescano alla fine a salvarsi, finisce per disintegrarsi. Dunque si tratta della storia di un nucleo famigliare felice, una famiglia unita che, giunta in un luogo dominato da presenze malvagie, viene alla fine corrotta e annientata dalla natura malefica del luogo.

Un altro tema importante è indicato dal titolo stesso. Lo “shining”, cioè la “luccicanza”, è la speciale facoltà extrasensoriale che permette a Danny (così come ad Hallorann, il capocuoco) di avere visioni degli eventi passati e futuri che si sono verificati e che si verificheranno in un determinato luogo, nonché di percepire i pensieri di persone che ne sono in possesso. E attraverso queste visioni, che compaiono nella sua mente come i tasselli di un puzzle, egli riesce ad apprendere la verità sull’Overlook Hotel, e cioè sul fatto che esso sia impregnato di una natura malvagia, a causa della quale gli spettri possono manifestarsi e anche incidere con le loro azioni sulle persone presenti. C’è dunque il tema della rivelazione della verità, insieme al tema del guardare oltre le apparenze (il nome stesso dell’hotel allude a questo: “overlook” significa letteralmente “guardare oltre”, sebbene abbia più significati).

Un evidente simbolo di questo tema è costituito dallo specchio, o meglio dai vari specchi che appaiono all’interno dell’hotel. Ciascuno di essi mostra la verità riguardo a una situazione passata, presente o futura: si pensi, all’inizio della storia, a Danny che “dialoga” con Tony in modo da avere le prime visioni sull’Overlook Hotel davanti allo specchio del bagno del loro appartamento; alla giovane donna che nello specchio viene rivelata come l’orrendo cadavere nel bagno della camera 237; al termine “REDRUM” mostrato capovolto nel suo vero significato, cioè “MURDER” (“omicidio”), nell’appartamento dei Torrance all’interno dell’hotel.

Dunque secondo la relativa interpretazione, di origine filosofica, si tratta della storia di un individuo dotato della facoltà straordinaria di apprendere soltanto con il pensiero la verità riguardo a eventi anche molto remoti, e in grado così di disporre della conoscenza necessaria per cercare di opporsi al male.

Ci sono infine due temi connessi tra loro, filosofici, controversi e arcani: quello della predestinazione o dell’ineluttabilità del destino e quello della reincarnazione. Quest’ultimo è indicato come colpo di scena finale dall’ultima immagine del film, che mostra la fotografia del party del 4 luglio 1921 nella Gold Room, la Sala da ballo, in cui Jack appare al centro tra gli ospiti. Ciò che viene suggerito in questo caso è soltanto l’ultimo enigma di una storia che ne contiene diversi, dall’inquietante donna della camera 237 alla camera stessa, dal termine “REDRUM” nella mente di Danny alle varie presenze che progressivamente si manifestano agli occhi di ogni membro della famiglia Torrance.

Stando alla fotografia (e anche a ciò che Grady aveva rivelato al protagonista nel bagno della Sala da ballo), Jack non è il custode dell’hotel per la prima volta, perché lo era già stato in passato, in un’altra vita che non poteva ricordare: infatti lo spirito del precedente guardiano si sarebbe reincarnato nel protagonista, il quale sarebbe quindi ritornato senza saperlo all’Overlook Hotel.

Jack Torrance ha sempre pensato di tenere in mano le redini del proprio destino, ritenendosi artefice tanto dei suoi successi quanto dei suoi fallimenti. In realtà egli sarebbe stato predestinato (in altre parole privo di libero arbitrio) a ripercorrere il percorso che, in un modo o nell’altro, lo avrebbe condotto (di nuovo) ad essere assunto come custode all’Overlook Hotel, dove avrebbe trovato la sua fine.

Quindi secondo un’ultima interpretazione, anch’essa di tipo filosofico e relativa al tema della predestinazione, a sua volta connesso con quello della reincarnazione, si tratta della storia di un individuo destinato, prima ancora di essere nato, a ripercorrere le tappe di un cammino che ha come tragico punto di arrivo un luogo dominato da presenze malefiche, all’interno del quale egli deve in un modo o nell’altro essere sottomesso per divenire uno strumento del male.

I temi della psicoanalisi

Nella trama di Shining alcune scene e, in particolare, alcune immagini evocano alcuni famosi temi della psicologia e, in modo specifico, della psicoanalisi. I concetti di Eros e Thanatos, cioè Amore e Morte, sono omaggiati in una determinata scena, quella in cui Jack entra nella famigerata camera 237. Questi temi furono concepiti e approfonditi da Sigmund Freud, il celebre psicologo austriaco e fondatore della psicoanalisi, nel saggio dal titolo Al di là del principio di piacere (Jenseits des Lustprinzips), pubblicato nel 1920: in esso Freud si riferisce a tali temi con le definizioni di Pulsione di vita e di Pulsione di morte.

La prima concerne concetti come il desiderio sessuale e l’istinto di autoconservazione, mentre la seconda riguarda temi come la distruzione rivolta verso sé stessi e verso gli altri. Infatti Eros possiede una tendenza costruttiva, mentre Thanatos all’opposto possiede una tendenza distruttiva. Il perenne conflitto tra le due pulsioni rappresenta il costante contrasto tra l’atto di preservare e l’atto di annientare la società, e al tempo stesso costituisce il nucleo del carattere di contraddittorietà e di senso di colpa dell’individuo.

Questi due concetti trovano quindi una perfetta rappresentazione nella scena in questione. In seguito alla richiesta di Wendy (dopo che Danny ha ammesso di essere stato aggredito da un’anziana donna proprio in quell’appartamento, dove era entrato perché aveva trovato la porta aperta), Jack entra nella camera 237 per verificare se effettivamente vi si nasconda qualcuno. Non appena entra nel bagno, si accorge di non essere solo. Infatti da dietro la tenda della vasca da bagno appare una giovane e bella donna completamente nuda (la personificazione di Eros). Osservandola Jack mostra un’espressione di attrazione, mentre la donna gli si avvicina senza lasciare trasparire alcuna emozione: così i due si abbracciano e si baciano appassionatamente.

Ma pochi secondi dopo, quando l’uomo apre gli occhi, si rende conto che la donna che stringe tra le braccia non è la stessa: ora quello che ha davanti a sé non è altro che l’orrendo cadavere in decomposizione di un’anziana signora (la personificazione di Thanatos), che avanza ridendo verso di lui mentre cerca di prenderlo. Jack, terrorizzato, indietreggia fino ad uscire dalla stanza e, dopo essersi assicurato di avere chiuso la porta a chiave, si allontana velocemente per ritornare dalla moglie, alla quale però riferisce di non avere trovato nessuno all’interno della camera, forse perché convinto che si trattasse di un’allucinazione o per timore di non essere creduto.

Un altro tema importante è evocato in una scena e, in particolare, in un’immagine del film, cioè nella scena del party degli anni Venti nella Sala da ballo. Si tratta del tema del Doppio, analizzato non soltanto nell’arte e in letteratura, ma anche nella filosofia, nella psicologia e appunto nella psicoanalisi. Secondo Freud, nel tema del Doppio è centrale il concetto di rimozione. Il Soggetto, o meglio l’Io, per mezzo della separazione dall’Altro, proietta su di esso i desideri rimossi e le pulsioni inconsce, motivo per cui percepisce la propria diversità rispetto all’Altro.

Questo tema si fonda anche sulla dicotomia “conosciuto/sconosciuto”, espressa dai termini tedeschi “Heimliche/Unheimliche”: il primo è riferito a tutto ciò che l’individuo conosce e che gli dà sicurezza, mentre il secondo, inteso come Perturbante, si riferisce a tutto ciò che è o che dovrebbe essere sconosciuto per l’individuo, a tutto ciò che dovrebbe restare nascosto, segreto, ma è invece riemerso e che pertanto perturba, cioè preoccupa e genera incertezza.

Nella scena in questione, dopo un furioso litigio con la moglie, che sosteneva la necessità di portare via il figlio dall’hotel perché questo posto ha una cattiva influenza su di lui, Jack Torrance si dirige verso la Gold Room, la grande Sala da ballo dell’hotel, dalla quale sente inspiegabilmente provenire voci e suoni. Così entra e si ritrova letteralmente in un party degli anni Venti. Dopo essersi fatto servire un drink da Lloyd, il barman, mentre cammina tra gli ospiti si scontra accidentalmente con un cameriere, che gli fa cadere alcuni drink sulla giacca. Desolato per l’accaduto, l’uomo si scusa con Jack e lo invita a seguirlo nel bagno adiacente, dove cerca invano di pulire la macchia sulla giacca.

A questo punto, dopo che il cameriere si è presentato, Jack si accorge di avere già sentito parlare di lui: si tratta infatti di Delbert Grady, il guardiano dell’hotel che dieci anni prima aveva ucciso moglie e figlie e si era poi ucciso con un colpo di fucile. Quando il protagonista sorridendo glielo fa notare, Grady lo osserva con stupore e afferma di non ricordare di avere compiuto un simile terribile gesto: fa invece notare al protagonista che non è egli stesso il guardiano dell’hotel, ma che in realtà è sempre stato lo stesso Jack. Mentre l’uomo lo osserva a sua volta stupito, Grady inizia a parlargli della necessità di punire sua moglie e suo figlio nello stesso modo in cui egli aveva fatto, perché sarebbero d’ostacolo alla sua realizzazione personale; e lo avverte anche del fatto che Danny, suo figlio, sta cercando di chiamare in aiuto Hallorann, il capocuoco, avvalendosi della sua speciale facoltà.

L’immagine che mostra i due uomini nel bagno, in piedi uno di fronte all’altro, è quella che più di ogni altra evoca il tema del Doppio: il protagonista, cioè il Soggetto, l’Io, osserva e parla con l’Altro, il precedente guardiano dell’hotel (che si potrebbe vedere anche come la personificazione del Perturbante), il quale, rivelandogli che è sempre stato lui ad avere tale compito, fa riemergere ciò che era stato rimosso, nascosto nelle profondità dell’inconscio, e turba profondamente l’uomo. Ed è questo il punto di non ritorno per Jack, ciò che gli assesta il definitivo tracollo psicologico e lo induce in seguito a cercare di eliminare Wendy e Danny.

Oltre a quello mostrato in questa scena, vi sono in realtà altri esempi di doppi nella storia: Danny e Tony, il suo amico immaginario (il modo elementare in cui egli definisce lo “shining”, il suo potere); il termine “REDRUM” che nello specchio diventa “MURDER”, “omicidio”; le figlie gemelle di Grady; la donna affascinante che si trasforma nel cadavere in decomposizione nel bagno della camera 237; lo stesso Overlook Hotel che si può considerare anche un secondo labirinto, con i suoi infiniti corridoi e le sue infinite stanze popolate dagli spettri.

La rilettura dei miti greci

La storia di Shining reinterpreta a modo suo, tra le altre cose, alcuni celebri miti della mitologia greca. Il personaggio di Danny, ad esempio, ne richiama uno celebre e controverso, cioè quello dell’Edipo (da cui prende il nome il cosiddetto "Complesso di Edipo").

Il riferimeno è ai testi del Ciclo Tebano, un gruppo di quattro poemi epici andati perduti che raccontavano la storia della città di Tebe, scritti da diversi autori probabilmente tra il VII e il V secolo a.C., e che in seguito ispirarono Edipo Re, la celebre tragedia teatrale scritta e rappresentata dal poeta greco Sofocle probabilmente tra il 430 e il 420 a.C.. Edipo, figlio di Laio, re di Tebe, fu abbandonato appena nato dal padre (in seguito alla profezia dell’Oracolo di Delfi, secondo la quale un figlio del re avrebbe prima ucciso il padre e poi sposato la madre, ereditando così il trono) in una foresta, e fu poi adottato da Polibo, re di Corinto.

Alcuni anni dopo, dopo avere appreso di essere stato adottato (benché non sapesse ancora chi fossero i suoi veri genitori) e dopo avere consultato a sua volta l’Oracolo di Delfi che lo mise al corrente della terribile profezia (motivo per cui decise di lasciare Corinto e di andarsene a Tebe), Edipo incontrò re Laio, il quale si dirigeva su un cocchio verso Delfi per interrogare lo stesso Oracolo, così da conoscere il modo di salvare la propria città dalla minaccia della Sfinge, una creatura mitologica: per una questione di precedenza i due ebbero uno scontro, alla fine del quale Laio fu gettato in mezzo ai cavalli e ucciso.

In seguito alla sua morte, Creonte (il fratello della regina) divenne re di Tebe, e annunciò che avrebbe dato in sposa la regina a chiunque avrebbe risolto l’enigma posto dalla Sfinge (il celebre “Enigma della Sfinge”), lo spaventoso essere che divorava chiunque fallisse la prova. Dunque Edipo, quando incontrò la Sfinge, riuscì dove tutti gli altri avevano fallito: dopo che il mostro fu cacciato poté allora sposare la regina, cioè sua madre (dalla quale ebbe quattro figli), divenendo re di Tebe e dimostrando così che la terribile profezia si era avverata. Quando scoprirono la verità, Giocasta si impiccò e Edipo si accecò per la vergogna: dunque andò in esilio come un eremita, fino a trovare la propria fine.

Quindi a causa delle terribili circostanze che si sono messe in atto, Danny si vede costretto (nella parte finale della storia) prima ad invocare l’aiuto di Hallorann, il capocuoco, per mezzo della sua speciale facoltà, e poi, nel momento in cui avverte che l’uomo è stato ucciso dal padre, ad agire in prima persona per salvare sé stesso e la madre. 

È per questo motivo che entra per l’ultima volta nel labirinto al di fuori dell’hotel, dove il padre lo insegue e dove, facendo perdere le proprie tracce all’interno dell’enorme dedalo di siepi, lo elimina con l’inganno poiché Jack, rimasto disorientato dalla mancanza di impronte da seguire, non può fare altro che gridare disperato prima di accasciarsi a terra e morire. Si tratta dunque del figlio che si assume il compito di eliminare il padre per salvare la madre, oltre che sé stesso.

È possibile poi rivedere un altro noto mito, quello di Saturno, rievocato dal personaggio di Jack. Secondo i testi greci Saturno, inizialmente chiamato Cronos, la personificazione del Tempo, divenne re degli dei dopo avere spodestato il padre Urano ricorrendo all’evirazione e liberando i suoi fratelli Titani, che il padre aveva ingoiato per evitare che uno dei figli prendesse il suo posto. Una volta divenuto re, Cronos iniziò ad avvertire la stessa paura: per questo motivo decise di divorare tutti i figli che ebbe dalla moglie Rea.

Ma la donna riuscì a salvare Zeus, l’ultimo figlio, scambiandolo con un grande sasso avvolto nelle fasce: così quando divenne un uomo, Zeus evirò il padre e lo costrinse a rigettare tutti i figli che aveva divorato, diventando a sua volta re. Ne conseguì una lunga guerra (la cosiddetta “Titanomachia”) tra due generazioni di dei, capeggiate da Cronos e da Zeus, che si concluse con la vittoria di quest’ultimo.

Secondo alcune versioni Cronos muore nello scontro, mentre secondo altre fugge in Italia dove inizia ad essere chiamato Saturno, e dove dà inizio alla cosiddetta “Età dell’oro”, un’era di prosperità e di felicità per tutti. Dunque allo stesso modo Jack, il padre, per il timore di essere sostituito come leader, come capofamiglia, arriva a decidere di uccidere Wendy, la moglie, e in particolare Danny, il figlio, ma alla fine fallisce nell’impresa e viene metaforicamente evirato dal figlio, perché viene sconfitto ed eliminato all’interno del labirinto.

Il labirinto stesso rievoca infine un altro famosissimo mito, quello di Teseo e il Minotauro, due figure della mitologia riviste rispettivamente nei personaggi di Danny e di Jack. Secondo i testi greci Teseo, figlio di Egeo, re di Atene, si assunse il compito di sconfiggere il terribile Minotauro, un essere con il corpo di un uomo e la testa di un toro che abitava nel famigerato Labirinto dell’isola di Creta: poiché Minosse, il re di Creta, aveva vinto la guerra contro Atene, aveva deciso di fare portare ogni anno giovani ateniesi in sacrificio al feroce essere.

Quando Teseo giunse a Creta insieme agli altri giovani incontrò Arianna, la figlia del re, la quale si innamorò di lui e lo aiutò con uno stratagemma: gli diede una matassa di lana (il cosiddetto “Filo di Arianna”) con cui sarebbe riuscito ad orientarsi all’interno dell’enorme Labirinto. Così, una volta all’interno, Teseo uccise il Minotauro e liberò i ragazzi, per poi salpare verso Atene insieme ad Arianna, la quale fu abbandonata su un’isola deserta per non chiari motivi.

Secondo alcune versioni, quando Teseo sostituì le vele bianche (simbolo di vittoria) della nave, perché distrutte da una violenta tempesta, con vele nere (simbolo di sconfitta), il padre Egeo pensò che il figlio fosse stato ucciso dal Minotauro e, disperato, si uccise gettandosi in mare, che quindi prese da lui il nome di Mare Egeo, e così Teseo fu eletto re di Atene. Dunque alla fine della storia, quando Danny corre all’interno del labirinto mentre Jack lo insegue, con uno sguardo folle e schiumante di rabbia e armato di un’ascia, è possibile immaginare il giovane Teseo inseguito dal possente Minotauro all’interno del Labirinto di Creta.

La rilettura delle fiabe

La storia di Shining offre anche citazioni ed omaggi, più o meno espliciti, ad alcune celebri fiabe. Il primo esempio è un riferimento alla fiaba tedesca (pubblicata nell’antologia Fiabe del focolare, o semplicemente Fiabe, del 1812) di Hänsel e Gretel (Hänsel und Gretel), una delle molte scoperte e fatte pubblicare (in una forma edulcorata rispetto all’originale, perché fossero adatte a tutti) dai due linguisti tedeschi Jakob e Wilhelm Grimm, meglio noti come i fratelli Grimm.

È la storia dei due bambini, fratello e sorella i quali, dopo essere stati abbandonati dal padre nel bosco per volontà della matrigna (poiché la famiglia non riusciva a sfamarsi) per la seconda volta (dopo che erano riusciti a ritrovare la strada di casa lasciando cadere dei sassi lungo il percorso), usano oltre ai sassi anche delle briciole di pane, che vengono però mangiate dagli uccelli.

Così si perdono nella foresta e, nel tentativo di ritrovare la strada di casa, si imbattono in una strana casa fatta interamente di marzapane, al cui interno abita un’anziana strega che, dopo averli ingannati offrendo loro vitto e alloggio, li cattura e li tiene prigionieri. Dopo avere aspettato per un po’ di tempo che Hänsel fosse ingrassato per poterlo cucinare ed essersi servita di Gretel come serva, quando un giorno la donna apre il forno per cuocere il ragazzo, Gretel riesce a spingerla dentro e ad ucciderla, salvandosi insieme al fratello. Quindi i due, dopo avere preso il cospicuo tesoro custodito dalla strega, fuggono e riescono a ritornare a casa dove li accoglie il padre senza la matrigna, che nel frattempo è morta: così ora la famiglia è riunita e non deve più vivere di stenti.

Questa citazione si ha nella parte iniziale della trama, nella scena in cui Hallorann, il capocuoco, mostra la cucina e la grande dispensa dell’hotel a Wendy e a Danny, mentre Jack sta parlando con Ullman. Mentre si aggirano per la cucina dell’albergo ascoltando le parole dell’uomo, Wendy ad un tratto esclama ridendo che dovrà spargere delle molliche di pane per essere sicura di non perdersi all’interno di quelle stanze, offrendo dunque una citazione della fiaba in questione.

Un secondo ed un terzo riferimento a due note fiabe, cioè I tre porcellini (Three Little Pigs) e Cappuccetto Rosso (Le Petit Chaperon Rouge nell’edizione francese e Rotkäppchen nell’edizione tedesca), sono contenuti nella stessa scena. La prima, di origine inglese (pubblicata prima dallo studioso e antiquario inglese James Halliwell-Phillips nella raccolta Nursery Rhymes and Nursery Tales del 1843, e poi, forse nella versione più nota, dallo scrittore australiano Joseph Jacobs nell’antologia English Fairy Tales del 1890), è la storia dei tre giovani fratelli di natura animale che, su richiesta della madre, lasciano la casa in cui sono nati per andare a vivere in modo indipendente.

Così i tre iniziano a costruire ognuno la propria dimora. Il primo, il più pigro e il più impaziente, costruisce in breve tempo una casa di paglia; il secondo, anch’egli frettoloso e apatico, edifica velocemente una casa di legno; infine il terzo, il più vecchio e il più saggio, erige una casa con cemento e mattoni, impiegando logicamente più tempo ed attirandosi le beffe dei fratelli più giovani.

Dunque quando tempo dopo un lupo arriva nelle vicinanze, i tre si nascondono nelle rispettive case. Accortosi della presenza delle tre prede, egli inizia a soffiare contro la casa di paglia che crolla rapidamente, e divora il primo fratello. Dunque soffia contro la casa di legno, che inizialmente resiste ma finisce poi per cedere, e così si ciba anche del secondo fratello. Quindi soffia contro la casa di mattoni, la quale però non crolla perché edificata in modo solido. Allora dopo avere cercato inutilmente di ingannare più volte il terzo fratello, il lupo cerca di entrare nell’abitazione attraverso il camino: ma l’astuto inquilino accende il fuoco e vi colloca sopra una pentola piena di acqua, così il lupo vi cade dentro e muore.

La seconda, di origine francese (scritta e pubblicata prima dallo scrittore francese Charles Perrault nella raccolta I racconti di Mamma Oca nel 1697 e editata poi, nella versione più nota e definitiva con alcune varianti, dai fratelli Grimm nel 1857), è la storia dell’omonima bambina vestita di rosso che vive con la madre in una casa vicino ad una foresta. Un giorno, mentre si sta dirigendo verso la casa della nonna malata per portarle un cesto pieno di cibo, si imbatte in un lupo dal quale viene ingannata e al quale finisce per rivelare dove si trova la nonna.

Allora il lupo, arrivato prima di lei dall’anziana malata, si presenta come la nipote e la divora. Quando la bambina arriva a destinazione trova il letto occupato dal lupo travestito come la nonna, il quale la mangia a sua volta. In seguito un cacciatore (nella versione più nota un taglialegna) amico della nonna, venuto a conoscenza del fatto, irrompe nella casa, uccide il lupo decapitandolo con un’ascia e gli apre lo stomaco, facendone uscire la nonna e la nipote illese. Quindi se ne va e porta con sé il lupo per ricavarne una pelliccia.

Questo duplice riferimento è presente nella seconda parte della storia, nella famosa scena in cui Jack, ormai impazzito, è entrato nel loro appartamento dopo avere abbattuto la porta con un’ascia e sta cercando di abbattere allo stesso modo la porta del bagno, dentro il quale si sono rifugiati moglie e figlio. Dopo che Danny, con l’aiuto della madre, è riuscito a fuggire dalla finestra del bagno, Wendy è rimasta sola e, terrorizzata e armata di un coltello, non può fare altro che sperare che la porta resista.

Prima di iniziare a colpirla con l’ascia Jack le chiede ironicamente, apostrofandola come “Cappuccetto Rosso” (alludendo all’omonima fiaba), se non lo ha sentito bussare, e afferma quindi di dovere “soffiare” contro di essa per aprirla (facendo riferimento alla fiaba de I tre porcellini). Dopo avere creato uno squarcio netto nella porta, tra le grida disperate della moglie, l’uomo si ferma, appoggia l’arma e infila il volto attraverso il buco esclamando con un ghigno beffardo: "Sono il lupo cattivo!", esplicitando in questo modo l’omaggio a entrambe le fiabe.

In realtà nella versione originale Jack Nicholson improvvisò e la frase pronunciata è “Here’s Johnny!” (traducibile con “Ecco qui Johnny!”), cioè la citazione della battuta con cui veniva introdotto Johnny Carson, celebre conduttore del The Tonight Show, un noto programma televisivo americano dell’epoca tuttora in onda su NBC, anche se nella sceneggiatura era scritta la frase poi riportata nella versione italiana. E, sempre nella versione originale, nella stessa scena il protagonista fa riferimento soltanto alla fiaba de I tre porcellini, mentre quella di Cappuccetto Rosso viene aggiunta nell’edizione italiana per una scelta di doppiaggio.

Romanzo e film a confronto: somiglianze e differenze

La pellicola di Kubrick presenta poche somiglianze e molte differenze rispetto al romanzo di King il quale, com’è risaputo, non apprezzò particolarmente il film del regista americano, sostenendo che egli avesse complessivamente snaturato il senso della storia, eliminando molti elementi di approfondimento riguardanti il protagonista e altre vicende narrate nel libro. Per questo motivo lo scrittore decise di realizzare la propria versione cinematografica del suo stesso romanzo con il TV-movie in tre parti Stephen King’s The Shining (Shining) del 1997, scrivendone egli stesso la sceneggiatura e affidandone la regia a Mick Garris, un regista americano noto per avere diretto altri adattamenti cinematografici e televisivi da alcuni romanzi dello scrittore.

Prodotta e distribuita da Warner Bros. negli Stati Uniti e da Univideo in Italia, la pellicola dimostra di essere effettivamente piuttosto fedele al romanzo di King, sebbene non regga il confronto con il film di Kubrick a tutti i livelli. Infatti il risultato è quello di un’opera accademica (nel senso negativo del termine), in cui una regia corretta e monotona, priva di guizzi creativi, guida una sceneggiatura attenta (probabilmente troppo) a rispettare pedissequamente la versione originale, senza riuscire a mostrare scene particolarmente avvincenti né per i dialoghi né per la rappresentazione complessiva.

Per quanto concerne il rapporto tra romanzo e film, ciò che risulta immediatamente evidente sono le parti del libro tagliate nell’adattamento cinematografico. Infatti Kubrick e la co-sceneggiatrice Diane Johnson (al cui contributo è dovuto probabilmente l’umorismo nero presente nella storia) hanno mantenuto gli elementi più interessanti e più significativi del romanzo (come i dialoghi tra Jack e Lloyd e l’incontro con Grady nella Gold Room, la camera 237 e la sua spaventosa inquilina, l’enigma di “REDRUM” che compare nella mente di Danny), e hanno quindi sistematicamente eliminato ogni singola parte relativa al passato del protagonista Jack Torrance (lasciandone soltanto alcune allusioni, in particolare nelle scene iniziali), così come tutte le scene riguardanti il torbido e tragico passato dell’Overlook Hotel (se ne accenna soltanto nelle scene iniziali, in particolare nella scena in cui Hallorann discute con Danny nella cucina a proposito della loro comune facoltà, la “luccicanza”).

Non vi sono dunque riferimenti espliciti né al passato da alcolista di Jack Torrance (sebbene sia evidente dalle scene della Sala da ballo come egli non disdegni le bevande alcoliche) né al fallimento della sua carriera di insegnante a causa del violento litigio con uno dei suoi allievi (benché si possa intuire da alcuni dialoghi tra Jack e Wendy che la loro situazione finanziaria non è ottima).

E sono state omesse anche le parti della storia in cui, all’interno della sala della caldaia che egli ha il compito di monitorare, Jack apprende, attraverso vecchi documenti e ritagli di giornale, l’inquietante elenco dei terribili personaggi che in passato hanno soggiornato all’Overlook Hotel macchiandosi più volte di efferati delitti (a causa dei quali all’interno dell’edificio sarebbe rimasto una sorta di alone di malvagità, motivo per cui gli spettri possono manifestare la propria presenza), tra scaltri affaristi e pericolosi criminali, così come lo stesso ambiguo miliardario Horace Derwent, colui che, tra gli ex proprietari dell’hotel, in passato lo acquistò e lo fece ricostruire.

È allora evidente come Kubrick abbia voluto mantenere la base della storia di King, spogliandola di ogni elemento che egli riteneva superfluo, per inserirvi nuovi riferimenti e nuovi significati come quelli ai miti greci e alle fiabe, inesistenti nel romanzo (ad eccezione del riferimento alla fiaba di Hänsel e Gretel).

Oltre a ciò, il cambiamento più rilevante concerne il giardino con le siepi a forma di animali, le quali nel romanzo si animano a volte per contrastare Jack e la sua famiglia e per attaccare Hallorann alla fine della storia: esso nel film diviene invece il celebre labirinto formato dalle siepi, all’interno del quale il protagonista trova la sua fine. Si tratta dell’elemento più importante perché è ciò che nel film è connesso con uno dei temi principali della storia, cioè il tema del controllo (tema di cui il labirinto è un potente simbolo), relativo al personaggio di Jack. Egli si illude di avere il controllo sulla propria vita così come sulla propria famiglia, ma finirà invece per essere completamente manipolato e assoggettato dalle presenze malefiche all’interno dell’hotel.

Altri significativi cambiamenti riguardano il finale della storia.

Infatti nel romanzo l’Overlook Hotel finisce per esplodere a causa dell’elevata pressione della caldaia che Jack avrebbe dovuto abbassare periodicamente, compito che ha svolto fino a quando non è impazzito, per poi dimenticarsene del tutto e morire nell’esplosione. Così alla fine si salvano Wendy e Danny insieme a Hallorann (il quale non muore come nel film), accorso in loro aiuto e gravemente ferito dopo essere stato colpito più volte con una mazza dallo stesso Jack.

Vi sono anche alcune specifiche differenze relative ai personaggi.

Il personaggio di Wendy, che nel romanzo (e nel TV-movie) ha i capelli biondi ed è palesemente più bella, nel film invece ha i capelli neri e non è altrettanto carismatica. Il personaggio di Tony, che nel romanzo (e nella versione televisiva) è fisicamente presente, nella pellicola invece è manifestato soltanto attraverso la voce di Danny.

Il personaggio di Stuart Ullman è mostrato in modo piuttosto differente rispetto alla controparte cartacea (e a quella della versione televisiva): infatti se nel romanzo egli si mostra apertamente ostile nei confronti di Jack, affermando di disapprovare la sua assunzione come guardiano dell’hotel perché a conoscenza dei suoi precedenti problemi di alcolismo, nel film appare invece come un uomo tollerante, cordiale e simpatico nel relazionarsi con il protagonista. E il personaggio di Bill Watson, l’addetto alla manutenzione, viene ridotto dall’uomo volgare e poco istruito (e rancoroso nei confronti del proprio capo) che è nel libro (e nel TV-movie) ad una semplice comparsa con pochi dialoghi nelle scene iniziali della pellicola.

Vi sono infine alcuni elementi secondari modificati rispetto al romanzo.

Innanzitutto lo “shining” del titolo nel romanzo è tradotto come “aura”, mentre nei due film (cinematografico e televisivo) diventa “luccicanza”. La camera 217 del romanzo diventa in entrambi i film la camera 237, ma per un motivo esterno alla produzione. Infatti la direzione dell’hotel usato come location per l’Overlook Hotel chiese a Kubrick di modificare il numero della stanza in questione perché temeva che, in seguito alla visione del film, molte persone sarebbero state spaventate all’idea di pernottare in quella camera (anche se in realtà accadde il contrario: molti spettatori si recarono all’hotel per visitare la camera 237, ma solo per sentirsi dire che non esiste).

Alla luce delle analisi svolte e di quanto osservato, si può quindi sostenere che l’adattamento cinematografico firmato da Kubrick sia superiore sia al TV-movie voluto da King, che si può considerare sufficiente, sia al romanzo dello scrittore, che è comunque un valido romanzo di genere horror.

Shining dopo il film di Kubrick

A proposito delle interpretazioni relative a Shining, è necessario citare almeno il controverso documentario Overlook Hotel - Stanza 237 (Room 237) del 2012, scritto, diretto e montato dal regista americano Rodney Ascher.

Presentata al Festival di Cannes e al Sundance Film Festival nel 2012 l’opera, suddivisa in nove capitoli, affronta le presunte teorie (a ciascuna delle quali è dedicato un capitolo), alcune delle quali di natura complottista, che alcune persone, tra giornalisti, professori e semplici spettatori, avrebbero elaborato durante la visione del film.

Nel corso del documentario si susseguono infatti le interviste (alternate a parti di film di Kubrick e di altre pellicole) agli esperti e ai fan del regista, convinti che diversi elementi che compaiono nella pellicola siano riferimenti velati o espliciti ad una determinata teoria e ad un preciso significato del film. Una didascalia iniziale informa che la famiglia di Kubrick e la produzione di Shining non approvano ciò che viene raccontato nell’opera.

All’epoca il documentario (per il quale esiste il sito web ufficiale “Room 237”) fu venduto con allegato il libro Welcome to the Shining Hotel della collana Real Cinema della casa editrice Feltrinelli, in cui diversi autori conducono un’analisi personale su Kubrick e in particolare su Shining. Il documentario ha ottenuto varie nomination in diversi festival del cinema e ha vinto due premi: il Premio della Giuria per la migliore regia all’Austin Fantastic Fest e il premio per il migliore montaggio dall’“International Documentary Association” (“IDA”), l’“Associazione Internazionale del Documentario”.

Da ricordare infine che è uscito in data 31 ottobre 2019 nelle sale italiane Doctor Sleep, l’adattamento dell’omonimo romanzo (pubblicato nel 2013) di Stephen King e il sequel ufficiale di Shining, scritto, diretto e montato dal regista americano Mike Flanagan.

Ambientata 39 anni dopo la storia del primo film, la trama racconta della vita da adulto di Danny Torrance (interpretato questa volta dallo scozzese Ewan McGregor) che, nonostante sia rimasto traumatizzato a causa della tragedia accaduta all’Overlook Hotel (nel frattempo rimasto abbandonato e in rovina) e continui ad avere (benchè sopito) il potere della “luccicanza” che gli causa talvolta strane visioni, è riuscito ad avere una vita normale lavorando come infermiere nell’ospizio di una piccola città, sebbene abbia avuto problemi di alcolismo (come suo padre in passato) e di tossicodipendenza.

Ma in seguito all’incontro con Abra Stone, una giovane ragazza dotata del suo stesso potere e per questo motivo perseguitata da alcuni inquietanti individui che desiderano impossessarsi del potere della “luccicanza”, benchè inizialmente riluttante Danny si convince poi ad andare in suo soccorso: così il protagonista, dopo una prima ricerca, dovrà inevitabilmente ritornare con la ragazza nel terribile hotel per chiudere definitivamente questa tragica vicenda e proseguire finalmente con la propria vita.

- Immagine di copertina tratta da Amazon.

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